Motto della giornata : Quando tutto sembra andare storto ... bisogna far finta di nulla, e andare avanti!
La giornata inizia molto presto, quando la sveglia irrompe nel buio di una domenica mattina. Mi alzo faccio colazione, preparo le ultime cose, e alle sei sono già in macchina verso la Futa.
Non ho la mia fedele chiave usb e mentre risalgo la valle dell Idice, mi tengono compagnia delle radio locali con canzonette di dubbia moralità. Salendo verso il passo della Raticosa fa il suo esordio giornaliero la nebbia, accompagnata verso la cima da una simpatica coltre di neve di qualche centimetro. Bene. Dopo il passo la strada migliora e inizio ad accendere l'orologio dove ho caricato la traccia gps. Quella che doveva essere la mia certezza svanisce in un attimo, la traccia non viene digerita dal mio garmin. Bene. Metto mano alla sempreverde cartina cartacea e riesco ad individuare il posto dove parcheggiare la macchina. Temperatura intorno agli zero gradi e vento forte, che mi fa optare per l'attrezzatura più pesante che ho. Intimo tecnico, maglia termica maniche lunghe e giacca in gore da Lavaredo/Ccc.
Uscire dalla macchina è come prendere un calcio nello stomaco. Il vento è talmente forte da togliere il fiato. La partenza è subito in salita. Un tripudio. Dopo una decina di minuti sul sentiero inizia a vedersi la neve. Più si procede e più diventa vivido lo scenario neve+nebbia+vento. Un crescendo. Ancora ho in mente il rumore del vento che spazzava il bosco in quella umida e fredda mattina. Quella sensazione di soffocamento provocata dalla fatica e dal vento contrario mi scavava dentro, minava le mie certezze, le mie motivazioni. Per un attimo il panico si è fatto sentire, tangibile, facendosi largo a gomitate nel mio cervello. "Calma, è normale, la natura selvaggia può fare paura, ma passerà. Avanti ancora qualche minuto". La mia bocca non si apre, se non per respirare, sono da solo, i discorsi riecheggiano nella mia mente, mentre le gambe vanno avanti. Un po di musica nelle orecchie e la miscela è fatta, piano piano ricaccio le mie pure al loro posto e vado avanti, con convinzione, verso San Piero a Sieve.
Potrei raccontare per filo e per segno tutta l'uscita, ancora scolpita vividamente nella mia memoria. Ma non sono molte le cose che meritano di essere raccontate. Quando si vaga su sentieri nuovi la mente è molto attiva, focalizzata però soprattutto sul percorso e sulla gestione delle proprie risorse. Tutto viene rivisto e riletto in funzione di questo approccio. Cose oggettivamente inutili assumono un'importanza rilevante e, viceversa, le cose più importanti passano in secondo piano. Il ricordo del crinale ghiacciato, della costruzione vicino al passo dell'osteria bruciata, i cumuli di sassi stile "strega di blair", l'uscita dal tratto appenninico e la vasta pianura che si stendeva di fronte ai miei occhi, sono solamente alcuni pezzi del complicato puzzle assemblato nel corso di questa uscita. Ho incontrato poca gente, detto otto frasi, di cui quattro all'osteria di San Piero dove una gentilissima signora mi ha servito una torta all'arancia e una coca. La festa di metà percorso, prima di riprendere il sentiero al contrario. Prima di affrontare il verso più difficile del percorso che, all'andata, si presentava quasi solamente in discesa.
Tutto il ritorno costruito intorno all'attesa di ritornare lassù, sul ghiaccio vivo, con i pezzi di neve gelida in faccia,scagliati dal vento. Con le folate che a tratti sbilanciavano e a tratti mi spingevano come braccia amiche. Passata la cima, la discesa, con la nebbia che si diradava per lasciare spazio al sole ed alla gioia di essere arrivato in fondo, come nel più classico dei lieto fine cinematografici.
Sicuramente non è stata una grande prestazione fisica. Mentalmente però è stata di una intensità notevole e, per fortuna, la motivazione ha retto alla grande, riprendendosi rapidamente dagli inevitabili periodi di sbandamento.
Ed è stato il primo passo, il primo passo di quella che si preannuncia una bella ed impegnativa avventura.
Avanti tutta.
Non ho la mia fedele chiave usb e mentre risalgo la valle dell Idice, mi tengono compagnia delle radio locali con canzonette di dubbia moralità. Salendo verso il passo della Raticosa fa il suo esordio giornaliero la nebbia, accompagnata verso la cima da una simpatica coltre di neve di qualche centimetro. Bene. Dopo il passo la strada migliora e inizio ad accendere l'orologio dove ho caricato la traccia gps. Quella che doveva essere la mia certezza svanisce in un attimo, la traccia non viene digerita dal mio garmin. Bene. Metto mano alla sempreverde cartina cartacea e riesco ad individuare il posto dove parcheggiare la macchina. Temperatura intorno agli zero gradi e vento forte, che mi fa optare per l'attrezzatura più pesante che ho. Intimo tecnico, maglia termica maniche lunghe e giacca in gore da Lavaredo/Ccc.
Uscire dalla macchina è come prendere un calcio nello stomaco. Il vento è talmente forte da togliere il fiato. La partenza è subito in salita. Un tripudio. Dopo una decina di minuti sul sentiero inizia a vedersi la neve. Più si procede e più diventa vivido lo scenario neve+nebbia+vento. Un crescendo. Ancora ho in mente il rumore del vento che spazzava il bosco in quella umida e fredda mattina. Quella sensazione di soffocamento provocata dalla fatica e dal vento contrario mi scavava dentro, minava le mie certezze, le mie motivazioni. Per un attimo il panico si è fatto sentire, tangibile, facendosi largo a gomitate nel mio cervello. "Calma, è normale, la natura selvaggia può fare paura, ma passerà. Avanti ancora qualche minuto". La mia bocca non si apre, se non per respirare, sono da solo, i discorsi riecheggiano nella mia mente, mentre le gambe vanno avanti. Un po di musica nelle orecchie e la miscela è fatta, piano piano ricaccio le mie pure al loro posto e vado avanti, con convinzione, verso San Piero a Sieve.
Potrei raccontare per filo e per segno tutta l'uscita, ancora scolpita vividamente nella mia memoria. Ma non sono molte le cose che meritano di essere raccontate. Quando si vaga su sentieri nuovi la mente è molto attiva, focalizzata però soprattutto sul percorso e sulla gestione delle proprie risorse. Tutto viene rivisto e riletto in funzione di questo approccio. Cose oggettivamente inutili assumono un'importanza rilevante e, viceversa, le cose più importanti passano in secondo piano. Il ricordo del crinale ghiacciato, della costruzione vicino al passo dell'osteria bruciata, i cumuli di sassi stile "strega di blair", l'uscita dal tratto appenninico e la vasta pianura che si stendeva di fronte ai miei occhi, sono solamente alcuni pezzi del complicato puzzle assemblato nel corso di questa uscita. Ho incontrato poca gente, detto otto frasi, di cui quattro all'osteria di San Piero dove una gentilissima signora mi ha servito una torta all'arancia e una coca. La festa di metà percorso, prima di riprendere il sentiero al contrario. Prima di affrontare il verso più difficile del percorso che, all'andata, si presentava quasi solamente in discesa.
Tutto il ritorno costruito intorno all'attesa di ritornare lassù, sul ghiaccio vivo, con i pezzi di neve gelida in faccia,scagliati dal vento. Con le folate che a tratti sbilanciavano e a tratti mi spingevano come braccia amiche. Passata la cima, la discesa, con la nebbia che si diradava per lasciare spazio al sole ed alla gioia di essere arrivato in fondo, come nel più classico dei lieto fine cinematografici.
Sicuramente non è stata una grande prestazione fisica. Mentalmente però è stata di una intensità notevole e, per fortuna, la motivazione ha retto alla grande, riprendendosi rapidamente dagli inevitabili periodi di sbandamento.
Ed è stato il primo passo, il primo passo di quella che si preannuncia una bella ed impegnativa avventura.
Avanti tutta.
Nessun commento:
Posta un commento